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Flan di Trombette

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FLAN DI TROMBETTE

Per 10/12 persone
Ricetta  di Fiorella dei Bagni Virginia
Ricetta Vegetariana
Ingredienti:
2 kg di zucchine trombetta
3 cipollotti freschi
8 uova freschissime
2/3 etti di Parmigiano Reggiano grattugiato  
un ciuffetto di maggiorana
una manciata di pinoli
olio extravergine di oliva
sale, pepe, noce moscata
10/12 fiori di zucca
per la besciamella:
½ litro latte
2 cucchiai di farina
50gr. burro
sale q.b.

Zucchine Trombetta

Utensili di preparazione e presentazione
un coltello
un tegame antiaderente
una casseruola
un cucchiaio di legno
stampini da forno monoporzione
una teglia larga e bassa da forno per la cottura a bagnomaria



Procedimento per la preparazione
Lavare, pulire e affettare le trombette e i cipollotti. 
Nella padella far dorare la cipolla in olio evo e aggiungere le trombette; s
alare e cuocere poco in modo che risultino croccanti. 
Nella casseruola, preparare una besciamella piuttosto soda alla quale aggiungere
 (quando sarà fredda) i tuorli d'uovo, il composto di trombette cotte, 
il Parmigiano, qualche fogliolina di maggiorana, pinoli, sale, pepe e una grattata di noce moscata. 
In ultimo aggiungere le chiare d'uovo a neve ben ferma. 
Dividere il composto in piccoli stampi e passare in forno a temperatura media a bagnomaria, 
finché la superficie non risulterà dorata. 
Impiattare decorando con un fiore di zucca.


Note:
Questo  flan delizioso  ha aperto il pranzo sulla spiaggia allo stabilimento Bagni Virginia 
di Loano (SV) in occasione dell’evento #trentinriviera – Scalando il mare.
 La ricetta di Fiorella, abile e raffinata cuoca, mi è stata gentilmente inviata 
dalla super social proprietaria Patrizia Montorio 
 [per gli amici Patty @bagnivirginia].









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#trentinriviera - Scalando il Mare - seconda puntata

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#trentinriviera - Scalando il Mare - seconda puntata
[con la guida tedesca!!!]

 Il buongiorno mi viene dato da una squisita focaccia [che adoro],
 allo spettacolare buffet del Loano2 Village
Oggi  andiamo a Toirano, famosa per le sue meravigliose grotte . 
alabastro calcareo, cristalli di aragonite, la "calza della strega".

All'ingresso si unisce al gruppo #trentinriviera  una simpatica [ehm..] signora tedesca 
che parla molto bene l’italiano e ne sa più di noi [pensavamo fosse lei la guida!!!] 


Stupore continuo...


Il riposo dello spumante 

Alla fine del percorso troviamo una sorpresa: bottiglie che riposano in gabbia, 
nel buio e nel silenzio della grotta. Antonio Basso dell'Azienda Agricola Vitivinicola Durin 
ci presenta "a Basura" [la Strega] un esperimento destinato a diventare un successo:
 il primo vino spumante metodo classico affinato nelle grotte di Toirano, 
ottenuto da uve Pigato 100%, senza zuccheri; 10.000 bottiglie in una cantina naturale perfetta. 

spumante metodo classico "a Basura" in gabbia
Gruppo #treninriviera tour nelle grotte di Toirano
> Trova l'intrusa ;)

Dopo tanta oscurità corriamo al sole, in spiaggia ai "Bagni Virginia"
dove ci aspettano pranzo, relax,  ciaspolata e “Scalando il Mare” ;) 


Fiorella e Patty hanno pensato a un menu con ricette liguri di stagione a km0, 
con le verdure fresche primaverili  dell' Agriturismo Rose di Pietra
e le nostre acciughe, regine delle ricette di pesce di tutta la costa.
Ecco la ricetta del delicatissimo flan che ha aperto il menù:
Flan di trombette  , provate è semplicissima.

Gaia, la ciaspolatrice più giovane con la mamma Dora


Gruppo ciaspolatori!!!

Un po’ di tiepido sole spaparanzati sui lettini dei Bagni Virginia
 a parlare di turismo e poi di corsa a ciaspolare sulla spiaggia. 
Potrebbe diventare un nuovo  #beachsport? 

Foto di  Fraintesa - Francesca Barbieri 

Subito dopo, un delizioso momento di relax e meditazione 
grazie a Rosa dell’Active Hotel Olimpic    
ha portato il fieno e dei sacchetti  con trucioli  di cirmolo!!! 
Ci spiega che viene utilizzato per favorire il rilassamento,  
spesso in Trentino i mobili delle camere da letto sono fatti con questo legno
 perché favorisce la calma e la tranquillità … Sono incantata. 

Carla Mattea con gli amici del Trentino

Ed ecco il momento tanto atteso “Scalando il Mare” l’apericena in spiaggia al tramonto
 con Trentino e Liguria alleati e complici per stuzzicare i palati degli invitati.  
Torta Pasqualina, Torta di zucchini, Torta di carciofi
Cipolle, Zucchine e Fiori di Zucca ripieni
Botiro di Primiero di Malga - Presidio Slow Food

formaggi tipici come ilTrentingrana e lo Spetz Tsaorì,
meglio noto come Puzzone di Moena

Come si fa a resistere e non degustare e apprezzare questi capolavori  
delle malghe di montagna, 
che ci ha fatto conoscere la Strada dei formaggi delle Dolomiti ,


Vini BioVio

 e le primizie e i vini  Bio Vio , delle nostre colline accarezzate  dal mare??? 

 --> continua 







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La mia Focaccia Genovese

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LA MIA FOCACCIA GENOVESE
Per  quattro/sei persone
Ricetta della Tradizione, originaria di : Genova
Ricetta Vegana 
Ricetta Vegetariana
Ingredienti:
- 500 grammi di farina “0”
- ½ cubetto di lievito di birra
- 250 gr. di acqua
-  olio extravergine di oliva ligure maturo
(in alternativa olio di semi di arachide di qualità)
- 2 cucchiaini di sale fino marino (15/20 gr.)
- 1 presa di sale grosso marino (facoltativo)
- 1 goccia di miele


Utensili di preparazione e presentazione
una terrina
un cucchiaio di legno
una tazza
una teglia antiaderente di 38 cm. di diametro 
o rettangolare 30 x 35 cm. 
una bottiglietta (o il biberon da cucina)
un tagliere
un coltello


Procedimento per la preparazione
Mettere la farina nella terrina, aggiungere il sale fino e mescolare. 
Sciogliere mescolando il lievito e il miele (che serve ad attivare il lievito) 
nella tazza con l’acqua tiepida, versare al centro  e impastare. 
Lavorate in modo da ottenere un impasto omogeneo, molto morbido, leggermente appiccicoso. Trasferire l’impasto nella teglia unta precedentemente con 2/3 cucchiai di olio e lasciarla lievitare,
al riparo dalle correnti, per 45 minuti circa (io la metto nel forno a 30°).
Stendere la pasta aiutandosi con le mani, leggermente unte, senza toglierla dalla teglia.
 Lasciarla di nuovo lievitare altri 45 minuti. Accendere il forno e portarlo a 250/300°. 
Emulsionare l’olio (circa ½  tazzina) con altrettanta acqua in una bottiglietta. 
 Con i polpastrelli formare il bordo e i buchi caratteristici della focaccia.
 Sbattere l’emulsione di olio e acqua e versarla sulla superficie della focaccia
 (se preferite che la focaccia sia più morbida, aumentate la dose). 
Cospargere con un pochino di sale grosso e cuocere in forno già caldo  
per circa 15/20 minuti, fin quando non sarà dorata.
Trasferire sul tagliere e tagliare a losanghe o  rettangoli.


Note:
La focaccia genovese ha una sola vera variante tradizionale: 
la focaccia con le cipolle che si può preparare seguendo la ricetta, 
cospargendo l’impasto con cipolle affettate sottilmente a crudo o 
appena scottate in acqua bollente (così risulta più delicata). 
Poi si può preparare anche la focaccia alla salvia aggiungendo  nell'impasto 
 un trito di foglie di salvia fresca, oppure la focaccia con le olive, 
aggiungendo olive nere o verdi snocciolate e tagliate a pezzetti. 
Ogni altra variazione della ricetta della focaccia genovese 
non è contemplata dalla tradizione
 e non si può chiamare focaccia genovese.









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"U Pestu" con Sergio Rossi

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Io, Daniela e Maria  a lezione di pesto
al Piro Piro di Cogoleto
di Gabriella Molli

L’occasione di una lezione intitolata “U pestu” non è sfuggita a  Daniela Vettori. 
Da quando ha conosciuto Roberto Panizza, che del pesto e le pianticelle di Pra  
ha fatto una ragione di vita, sente una forte attrazione per questa “salsa”
 che (io dico) solo una testa di donna può aver creato, visti gli ingredienti che la compongono. 
Dal basilico ai pinoli, all'aglio. Tre elementi che sono simbolicamente ascrivibili a una cultura propiziatoria nei confronti della dea madre. Dunque, eccoci sull'autostrada verso Genova, 
in una calda giornata di metà giugno, sfidando traffico e termometro 
per andare alla lezione di pesto al mortaio con presentazione del libro di Sergio Rossi 
“Pesto tradizione e futuro” (edito da Sagep, collana “Buono a sapersi. Piaceri da gustare”),
 presente autore e l’editore Fabrizio Fazzari.


“Pesto tradizione e futuro”

Sergio Rossi e Fabrizio Fazzari

Dove? Alla Pizzeria Ristorante Piro Piro   di Cogoleto,
 lezione a cura del “genovese” Giancarlo Marabotti e cena in tema, con i Partner :
 Slow Food Condotta di Savona, Slow Food Condotta di Genova Giovanni Rebora
Sagep Editori e Azienda Agricola Calcagno Paolo  
Lezione che va oltre l’argomento primario pesto, per la presenza di altre due mitiche salse:
 agliata e salsa di pinoli. E, come sempre, in casi di grande cultura del cibo ligure, 
il filo è quello della storia della ricetta e degli ingredienti e quindi la penetrazione in un mondo affascinante del passato, dove queste tre salse vengono riconosciute anche dalla vicina Francia, 
come primogenitura dell’Italia, dice Marabotti. 
Ci accolgono una sala grandissima e luminosa, una disposizione dei tavoli ad angolo per la lezione 
(con in bella vista i mortai), i mazzetti profumatissimi di basilico di Pra, aglio bianco e rosso, 
Parmigiano Reggiano trenta mesi, Fior Fiore sardo (tutto è già porzionato), 
a cui si aggiungono rami vellutati di “erba persa” (maggiorana), confezioni di prescinseua, 
aceto di mele, fettine di pane bianco, per le altre due salse. 
Campeggiano, ovviamente in bella vista: sale di Cervia in grani grossi e olio del Ponente Ligure. L’organizzazione è perfetta. 

Giancarlo Marabotti

Il “pestosofo” Giancarlo Marabotti è semplice ed essenziale.
 La prima cosa che colpisce è la piccola piantina di basilico 
(circa dieci-dodici centimetri) che tiene in mano.
 E la descrizione: deve avere sei piccole foglie. 
Nè più, nè meno. Dopo prende gusto di menta. E’ categorico.


Ovviamente Davide del Piro Piro ha disposto in bella fila tutti i mortai.
 E la lezione di Marabotti si sofferma sulla tipologia di legni 
(senza acidità, dice) che sono di rito per i pestelli. 
Li elenca ed esclude quello d’olivo, che invece nella Liguria di Levante era molto usato.
 E qui fa notare che le dimensioni del pestello devono essere proporzionate 
al diametro del mortaio. Non esiste il caso. 
Non tutti i pestelli dunque, vanno bene per un mortaio.





Breve storia del basilico e della ricetta più antica (1618)
catturata da quello che viene definito “il cucinosofo” Sergio Rossi e poi il via alla lezione pratica,
 lenta nelle sequenze, seguita individualmente per fare quella meraviglia di pesto
 “alla moda del genovese Marabotti”, dove i pinoli di Pisa hanno una grande importanza,
 ma (sottolinea il “pestosofo”) anche i pinoli mediterranei possono trovare spazio. 
Proprio perché è dal mare nostrum che ci arriva la ricetta.

Gabriella e Maria


Un tardo pomeriggio al Piro Piro di Cogoleto, Davide e la sua organizzazione perfetta: 
il rito del pesto di Giancarlo Marabotti valeva la fatica del viaggio. E la cena anche.


       

Muscoli Ripieni alla Spezzina

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MUSCOLI RIPIENI ALLA SPEZZINA
Per quattro/sei persone
Ricetta della Tradizione, originaria di : La Spezia
Ingredienti:
1 kg di muscoli abbastanza grossi
2 uova
300 gr. di pomodori pelati (meglio se freschi)
un po’ di mollica di pane
50 gr. di mortadella tritata
30 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
qualche rametto di timo (uno per il ripieno il resto per la decorazione)
un ciuffo di maggiorana
un po’ di  prezzemolo
4 cucchiai di olio extravergine  d’oliva ligure
un bicchiere di vino bianco secco
uno spicchio di aglio pulito
50 cl di latte fresco intero
sale e pepe q.b.


Utensili di preparazione e presentazione
guanti
una terrina
un coltello per aprire i frutti di mare
una casseruola con coperchio o una  teglia  larga e bassa da forno
un cucchiaio di legno
una pinza da cucina
un piatto da portata


Procedimento per la preparazione
Lavare e pulire bene i muscoli, grattando il guscio con il coltello 
per togliere incrostazioni, parti erbose e il bisso (o barbina). 
Aprirli facendo attenzione che le due valve non si stacchino l’una dall'altra.
  In una terrina preparare il ripieno unendo 10 muscoli,
 un pochino di aglio e gli aromi tritati,
 poi  la mollica bagnata nel latte e strizzata, il Parmigiano, le uova e la  mortadella. 
Aggiungere pepe e regolare di sale. Mescolare bene. 


Riempire i muscoli leggermente aperti. In una casseruola stufare prezzemolo e aglio tritati, 
spruzzare con vino bianco e aggiungere i pomodori.
 Dopo qualche minuto, unire i muscoli ripieni e cuocere nel tegame coperto a fuoco lento, 
o nel forno a 200°, per 30 minuti circa. 
Disporre sul piatto da portata e guarnire al centro con qualche rametto di timo.
 Note:
Le fotografie sono state fatte @ Ipssar G. Casini di La Spezia  
e la ricetta è stata realizzata dai ragazzi della classe III D 

ricetta  realizzata dai ragazzi della classe III D
dell'Ipssar G. Casini di La Spezia  








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#trentinriviera - Scalando il Mare - terza puntata

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#trentinriviera - Scalando il Mare - terza puntata
[a picco sul mare]

Ed eccoci arrivati alla conclusione di questa bella esperienza nel ponente ligure.
Ci attende un’escursione in mountain bike [per chi sa andare… ] sulle colline di Finale Ligure. 
 Sono tutti  attrezzati e carichissimi !!!








Il percorso non è lungo ma abbastanza impegnativo: dalla collina a picco sul mare 
si deve scendere fino a Noli.
Fortunatamente è una splendida giornata di sole con una bella arietta fresca. 
Dato che sono una ciclista occasionale, mi unisco a Betti e Lara 
e andiamo al punto di arrivo sul lungomare, 
dove ne approfitto per fare qualche foto.


La mattinata è volata in un soffio,
 rientriamo al  Loano2 Village dove ci aspetta lo 
Chef Executive Francesco con il suo pranzo di commiato.



Tutti piatti con prodotti stagionali del territorio e tipicamente liguri:
Panissa fritta -  Focaccina con Cipolla e Olive
Risotto con Asparagi violetti e Gamberi
Insalata di Polpo con Olive taggiasche
 Macarons con Lamponi e Fragoline alla menta

E chi parte più? Io mi fermo qui !!!
Meno male che vivo in Liguria, credo proprio che ci rivedremo molto presto ;)


--> continua


Farinata con le acciughe

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La Farinata con le acciughe di Zena Zuena  
Ricetta della Tradizione, originaria di : Genova
Senza Glutine
Ingredienti:
250gr di farina di ceci
 750 ml circa di acqua
1 Kg di acciughe freschissime
10 cucchiai di olio extravergine di oliva
sale q.b.


Utensili di preparazione e presentazione
una terrina capiente
un colapasta
una teglia di rame stagnato (50 cm di diametro)
un cucchiaio di legno
una schiumarola
una frusta
un coltello
un piatto da portata

Denis Pirrello  con il padre

Procedimento per la preparazione
Mettere la farina nella terrina e versare l’acqua lentamente sbattendo con la frusta, 
badando che non si formino grumi. Salare e lasciar riposare 4 ore.
Pulire le acciughe:  staccare la testa, sfilare le interiora, spinarle e aprirle a libro.
Lavarle sotto l’acqua corrente e metterle nel colapasta.
Schiumare il composto di acqua e farina di ceci e aggiungere metà dell’olio;
mescolare bene  perché lo assorba
 (dovrà essere omogeneo e piuttosto liquido).
Versare nella teglia l’olio rimasto e distribuirlo uniformemente,
 aggiungere l’impasto di ceci che dovrà essere dell’altezza
 di 5mm/1cm circa.
Unire le acciughe, distribuendole  in maniera uniforme. 
Cuocere in forno a legna a calore vivo per 10/15 minuti circa,
 fino alla comparsa di una crosticina dorata 
( nel forno di casa alla massima temperatura).
Servire  la farinata caldissima.


Note:
Ho avuto il piacere di conoscere Denis Pirrello e Zena Zuena 
(Genova Giovane)  in diversi eventi Slow Food,
l'ultimo è stato a Genova per Slow Fish 2013  ,
dove ho assaggiato per la prima volta la farinata con le acciughe.
I miei complimenti a Denis e la moglie Caterina per la loro
professionalità, per la scelta e la cura delle materie prime e la cortesia
con la quale si rivolgono sempre ai clienti e a noi blogger.







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Primo Festival del Basilico a Corniglia

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Primo Festival del Basilico a Corniglia
Corniglia, il terzo borgo delle meravigliose Cinque Terre, 
 si  è colorato di verde  grazie a 3000 vasetti  di basilico a disposizione per  la settimana
 (dal 8 al 13 luglio) dedicata  alla profumatissima piantina aromatica.
 Un insieme di eventi e manifestazioni  ha reso protagonista questo prodotto tipico 
della tradizione culinaria ligure, coinvolgendo residenti e turisti in una gara di creatività e fantasia. L’invito di realizzare forme di “coltivazione artistica” della pianta 
è stato lanciato dai residenti nello scorso mese di giugno. 
La festa  è nata su iniziativa di un gruppo di Cornigliesi 
che fanno parte dell’ Associazione Uniti per Corniglia e appassionati della loro terra, 
per  far conoscere al mondo la magia del loro paese.  


- Il Basilico a Tavola - 
A turno, ogni giorno a pranzo e a cena i ristoratori locali hanno  lavorato di estro
 e inventiva proponendo nei rispettivi menu un piatto a tema o un primo con il pesto 
 al prezzo di € 4,50.

Gelato al Basilico
- Il Basilico e l’Arte -
 Le installazioni artistiche con il tema del basilico create dagli abitanti sono state 
 al centro della “Sfida tra le Contrade:
 Fosso, Ciapà, Serra, Battella, Carugio, Santa Maria…
Nella gara ha vinto il Carugio, con una installazione dedicata alle massaie di Corniglia.





- Gara del Pesto – 
L’appuntamento più importante e divertente  della manifestazione
 è stato  alle 18:00 di sabato:  nel borgo marinaro c’è stata la gara del pesto al mortaio dove cornigliesi,  rappresentanti degli altri paesi delle Cinque Terre, turisti e  villeggianti si sono cimentati  nella preparazione  del tipico condimento ligure.
Le partecipanti più giovani:

Ginevra Guelfi 9 anni

Giorgia Verduci 9 anni 
Rossella con Ginevra e Giorgia
Preparativi per la gara

A garanzia di equità, ai partecipanti  sono stati consegnati uguali, grembiuli,
 ingredienti, mortaio e pestello  e Rossella Campice 
(2a Classificata nella scorsa edizione della gara Campionato Mondiale del Pesto
ha fatto la dimostrazione del suo procedimento per fare il pesto.  
A  turno poi io e Rossella abbiamo intrattenuto i concorrenti 
con  cenni storici e culturali
 e dato le istruzioni fondamentali per l’esecuzione, 
mentre Denise Woods traduceva gentilmente  in inglese ai turisti presenti.  
La gara del pesto, con il Patrocinio di Slow Food  Golfo dei Poeti -
 Cinque Terre - Val di Vara - Riviera Spezzina
 è stata vinta da Monica Siligardi, 
mentre per il miglior cocktail a base di basilico
 il premio è andato al Bar Nunzio.

Monica Siligardi la vincitrice della Gara di Pesto al Mortaio
del Primo Festival del Basilico di Corniglia
Monica e Denise

Il ricavato della manifestazione servirà a finanziare i restauri dell’Oratorio dei Disciplinati, 
vero cuore del borgo marinaro, davanti al quale si è concluso
 il Primo Festival del Basilico. 







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Cundijun !

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IL CUNDIJUN
Per quattro persone
Ricetta della Tradizione, originaria di : Imperia 
e Ponente ligure
Ingredienti:
4 gallette del marinaio (o pane tostato)
4 pomodori maturi da insalata preferibilmente "cuore di bue"
1 peperone giallo o rosso tagliato a listarelle  
1 cetriolo sbucciato ed affettato  (se piace)
1 manciata di fagiolini verdi
1 cipolla rossa tagliata a fettine
1 ciuffo di basilico  
1 manciata di olive taggiasche snocciolate 
1 cucchiaio di capperi sott'aceto
1 spicchio d'aglio
4 filetti di acciughe salate
(o 50 g di mosciame o ventresca di tonno
o filetto di tonno sott'olio)
2 uova sode
olio extravergine d'oliva ligure
sale e pepe q.b.
aceto di vino 

Gallette del marinaio

Utensili di preparazione e presentazione
un coltello
 una pentola
un tagliere
un'insalatiera
Procedimento per la preparazione
Se vi piacciono i sapori decisi strofinare di aglio la terrina e le gallette
 (oppure mettere lo spicchio in infusione nell'olio evo prima di utilizzarlo), 
farle ammollare velocemente in acqua e poco aceto; 
spezzare le gallette, disporle nell'insalatiera e versarvi sopra un poco d'olio. 
Rassodare, raffreddare e togliere il guscio alle uova. 


Dissalare le acciughe e tagliarle in filetti 
 (se usate il mosciame tagliatelo a fette sottilissime). 
Pulire e tagliare  tutte le verdure, tenendo separate le diverse qualità 
(scottate quelle che vanno cotte, mantenendole sode e “al dente”); 
strappare con le mani le foglie di basilico, tenendo qualche fogliolina intera; 
condire ogni verdura con olio, poco aceto e sale. 
Infine disporre le verdure nell'insalatiera sopra alle gallette, 
alternandole fra loro senza mescolare. 
Su queste mettere qualche fettina di mosciame o di bottarga
 (comunque non indispensabili) e gli altri ingredienti.
 Prima di servire lasciare riposare l'insalata per almeno una mezz'ora,
 conservandola al fresco, ma non in frigorifero. 

Cundijun

Note:
Il Condiglione o Condigione  è una specialità tipica 
della zona di Imperia, specialmente di Oneglia e zone limitrofe,
 un'insalatona mista che ricorda la francese salade niçoise,
 ricca e sostanziosa da poter essere considerata  piatto unico.
 Esistono diverse versioni del cundijun dove però è fondamentale 
 la presenza del basilico che dona un sapore inconfondibile. 
L'insieme dei suoi ingredienti è mutevole e varia come la sua pronuncia, 
oltre che da zona a zona, anche a seconda delle stagioni. 
Questa insalata deve essere sempre abbondantemente condita, 
come indica il suo nome che deriva appunto dal verbo condire.
E' l'antica versione di una tipica insalata mista, che è stata modificata 
sia per la difficoltà di trovare il mosciame
(fonte Wikipedia: "In passato il mosciame o musciamme era anche un piatto tipico ligure, 
preparato con il filetto salato ed essiccato dei delfini che rimanevano impigliati 
nelle reti dei pescatori e che quindi morivano affogati. 
Attualmente, essendo proibita [giustamente] la caccia ai delfini, 
è impossibile trovare questo tipo di mosciame"), 
 sia per certe tendenze di gusto. 
Negli antichi monasteri liguri, il "condiggion" figurava spesso
 come piatto unico di magro.







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Croxetti e Corzeti

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Croxetti e Corzeti
di Gabriella Molli
A Varese Ligure c’è ancora un intagliatore del famoso stampino per i “crosetti” (i liguri corzetti). 
Si chiama Pietro Picetti, e da sedici anni coltiva quest’arte dell’intaglio dello stampo
 per fare la pasta varesina che viene dalla notte dei tempi. 
Lasciato il lavoro in banca, ha posto tutte le sue energie al servizio 
di una tipologia di prodotto d’eccellenza del comune della provincia spezzina, 
che segna il confine con Genova, da cui Varese è sempre dipeso per tradizioni e vicende storiche. 
La parola croxeti forse viene dal latino crux, crucis. 
Perché era consuetudine delle pievi e dei monasteri contrassegnare la pasta,
 servita nelle feste o per eventi speciali (come le visite pastorali), 
attraverso un simbolo speciale a croce. 
Usanza in atto anche nelle famiglie nobiliari, con lo stemma di famiglia. 
Ed estesa successivamente alla cucina di casa. 
“Si racconta - scrive l’intagliatore Pietro Picetti - che Maria Luigia di Borbone, 
passando da Varese Ligure, nel suo viaggio di trasferimento in Francia,
 per andare in sposa a Napoleone Bonaparte, soggiornò presso una famiglia nobile del luogo,
 la quale cucinò in suo onore i croxetti”. 
Ma l’intagliatore possiede un documento attinto presso l’Archivio di Stato di Genova, 
in cui è attestata la presenza dei “crozeti” a un pranzo tenuto nel 1362 a Genova, 
in onore del re del Marocco. 
E il grande Angelo Paracucchi mette la ricetta dei croxeti nel suo  libro 
“La cucina di Lunigiana” (LONGANESI, 1980). 
Un’antica ricetta per condire i crosetti è offerta da Pietro Picetti:


Sugo bianco per crosetti
Ingredienti per 4 persone
150 gr di pinoli
mezzo spicchio d’aglio
pepe nero q.b.
poco olio
poco latte
 maggiorana (erba persa)
Ovviamente per questo sugo bianco occorreva mortaio e pestello in legno di bosso. 
Oggi è più semplice frullare tutto finemente nel “frullatore”.
 Assaggiare e aggiungere sale, se necessario.
Una versione più moderna, citata anche da Picetti, fa leva su un altro ingrediente: 
50 grammi di burro.
 Che vanno sbattuti con un cucchiaio, finché non diventano spuma. 
Prima di condire i crosetti, il sugo bianco va scaldato rigorosamente a bagnomaria. 
Se troppo denso, aggiungere ancora un po’ di latte. 


A proposito della definizione croxeti, c’è chi fa notare (come già detto) 
che derivi proprio dall’usanza dei conventi di stampare sui tondi  di pasta una croce. 
Ed esiste una querelle che tende a identificare una primogenitura nei corzetti di Novi Ligure. 
Così come c’è chi identifica nei corzetti della Val Polcevera e dell’area genovese,
 che vengono ripresi a metà del tondo con un pizzico, 
l’associazione con il corzetto della donna ligure, piegato a croce sul petto.
 Identico il modo di condirli con il sugo bianco  (o pesto) di maggiorana e pinoli. 
Che, butta caso, ha origini mediterranee.

 










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Bomboloni...

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I BOMBOLONI
Per sei/otto persone
Ricetta della Tradizione, originaria di Marinella di Sarzana 
e levante ligure:
Ricetta Vegetariana
Ingredienti:
500 gr di farina "0" Manitoba
250 ml di latte intero
½ cubetto di lievito di birra fresco
80 gr di burro
100 gr di zucchero + 50 gr circa per lo spolvero
la scorza grattugiata di un’arancia non trattata (facoltativa)
un pizzico di sale
olio di semi di arachide
Utensili di preparazione e presentazione
una tazza
una terrina
la spianatoia
il matterello
un coppapasta (diametro 5 cm)
una padella con i bordi alti
carta assorbente da cucina
una pinza da cucina o un mestolo forato
una siringa da pasticcere (per eventuale farcitura)
un cestino o un piatto da portata


Procedimento per la preparazione
Far sciogliere il lievito nella tazza con il latte tiepido,
 addizionato con un cucchiaio di zucchero. 
Coprire il recipiente ed attendere che si formi la schiuma. 
Setacciare la farina nella terrina, aggiungervi lo zucchero restante,
 il burro morbido a tocchetti, il lievito sciolto nel latte,
 il sale e la scorza d’arancia (facoltativa); 
impastate fino ad ottenere un composto lucido ed elastico. Circa 5-10 minuti
Far  lievitare al caldo fino al raddoppio (io metto l’impasto nel forno a 30°).
Infarinare leggermente il piano di lavoro e spianare con  il mattarello l'impasto
 allo spessore di un centimetro circa. 
Con il coppapasta di 5 cm di diametro  o la tazza,  ritagliate dei dischi, 
fino ad esaurimento di tutta la pasta, 
poi se non li volete farcire, con le dita forateli al centro. 
Far lievitare  i dischetti  per un'ora circa al caldo e lontano da correnti. 


Versate abbondante olio nella padella, 
in modo che i bomboloni possano essere completamente immersi. 
Portate l'olio a 170- 180 gradi (fiamma media) e friggere i bomboloni, a due o tre per volta.
 Cuocere per circa 2 minuti per parte, girandoli con la pinza o un mestolo forato; 
 scolarli quando sono belli dorati, su carta pane o assorbente da cucina.
Spolverizzare con  zucchero semolato, quando sono tiepidi. 
Se li volete farcire, forare la superficie con il beccuccio di una siringa da pasticcere
 e inserire marmellata o crema pasticcera all'interno.
Note:
Merenda preferita dai bimbi (ma non solo) quando sono al mare,
 nella zona di Marinella di Sarzana (SP), al confine con la Toscana. 
Infatti la ricetta è stata “trasportata” dai venditori urlanti di bomboloni, 
che partivano dalle spiagge toscane con le loro ceste, piene di queste delizie 
e si spingevano fino nel levante ligure, per la gioia di tutti. 
Ancora adesso ogni tanto si ha la fortuna di incontrarli
 e mi ricordano quei pomeriggi torridi sotto l’ombrellone, 
ad aspettare il momento per poter fare il bagno (non prima della digestione!!!)
 seguito dai golosi bomboloni: che meraviglia :)








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Muscoli del Golfo della Spezia: storia di un mollusco diverso

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Muscoli del Golfo della Spezia:
 storia di un mollusco diverso
di Gabriella Molli

Mussels-moules-mejillones-miesmuschein…
così vengono chiamati in inglese-francese-spagnolo-tedesco i molluschi lamellibranchi, 
ovvero gli italianissimi mitili, che nell’arco della Liguria di Levante 
sono denominati muscoli e cozze nell’Italia che scende al Sud. 
Ogni luogo un nome diverso, ma quando ne apri uno, 
ti appare un piccolo mondo carnoso, seducente. 
E quando ne mangi il contenuto aspirandolo,
 il sentore del mare ti avvolge la bocca in modo piacevole. 

la blogger Paola Faravelli  intervista un miticoltore spezzino

Sai che stai mangiando un “mytilus edulis” che si è formato aggrappandosi con una linguetta 
a qualcosa di duro, aprendosi appena appena quel tanto che basta per far entrare acqua salata. Miracolosamente dentro quel piccolo frutto di mare si attiva un laboratorio
 che gli permette di prendere ciò che gli serve per nutrirsi e buttare fuori ciò che non serve. 
La sapidità è il carattere primario e ogni mare dà a  questi piccoli frutti la summa delle sue caratteristiche. E’un’impronta che se osservata bene si scopre tarata per ogni situazione di mare. 
A Parigi si mangiano grandissimi frutti dell’Atlantico.
 In Italia, a Lerici, i “muscoli del Golfo della Spezia” che sono più piccoli, 
ma decisamente più gustosi di tutti gli altri.

i ragazzi della Cooperativa Miticoltori Spezzini a Slow Fish 2013

 Resta il fatto che sul Mar Ligure, in Grecia o in Turchia l’architettura è identica. 
Il mollusco è raccolto dentro una conchiglia dall'aspetto particolare cuneiforme.
 La texture esterna è sul nero-azzurro e quando è liscia mostra evidenti le linee dello sviluppo del mitile. 
La forma elegante spesso viene usata (come accade nel caso dell’ostrica)
 come piccolo contenitore da riservare a creme sapide marinare o a salse di ricci crudi.
 Come tutte le “cose chiuse”  c’è un po’ di mistero in questa forma cuneiforme.
La parola cozza non rende affatto la sua eleganza. 
E dentro? L’interno è madreperlaceo e quando appare il corpo vero e proprio 
si nota subito il mantello con l’orlo nero delicatamente sfrangiato. 
Quattro le branchie lamellari ed ecco il famoso “piede”, quella linguetta che fuoriesce
 e alla cui base si forma il bisso, formato da un ciuffetto di filamenti 
che vanno staccati prima della cottura. 
Si dice che sia stato questo piedino retrattile a dare il nome “muscolo”. 
Sono i filamenti prodotti da una ghiandola a permettere al mitile a muoversi, 
a catturare un piacevole elemento con cui nutrirsi (come un gamberetto che passa). 
L’ermafroditismo è la caratteristica che permette nel momento della maturità sessuale
 (di solito da novembre a febbraio) di svuotarsi e produrre la sostanza lattiginosa
 che esce fuori della conchiglia e rende l’acqua biancastra. 
E’ il lattime, formato dalle leggerissime uova che galleggiano.


Tutto questo lo si legge nel testo: “Ricette di Osterie d’Italia. Il pesce”, edito da Slow Food.
 E ancora. Dalle uova esce una larva che viene sospinta dalle correnti 
e va cercarsi un sito in cui svilupparsi, diventando semenza. 
La semenza si attacca e cresce su un punto sommerso: 
può essere una boa, uno scoglio, un palo, un grosso sasso, 
la parte sommersa di una barca, la catena di un peschereccio. 
Inizia quindi tutto un ciclo vitale che trova il suo culmine dopo circa un anno.      
Sapevate che all’interno del mitile diventato adulto si forma spesso una piccola perla iridescente?
 Non ha valore commerciale, ma è rotonda come le notissime perle delle collane: 
una formazione che nasce laddove le valve si congiungono.
 E’ una storia antica come l’uomo quella dei mitili.
Il mare è amaro: ti dà molto, ma ti toglie anche molto. 
Il rapporto di odio-amore non coinvolge però i mitili, la cui raccolta si fa sulla riva. 
Quindi i mitili fanno parte di una storia di sussistenza: pane e mitili è la forma più vicina a un’ipotesi
 di cibo facilmente reperibile fin dai tempi remoti. 

 Massimo  [della Cooperativa Miticoltori Spezzini] a Slow Fish 2013

E qui occorre fare una annotazione sul  luogo di raccolta. 
Il mitile è dotato di branchie, che non solo assolvono a una funzione respiratoria, 
ma agiscono anche come filtri. 
Se il mitile cresce  in acque batteriologicamente non pure, 
può diventare un ricettacolo di elementi nocivi. 
Ecco la funzione degli stabulatori, nati con la funzione di far uscire le impurità.
Finché il mare è stato non frequentato dai mezzi di trasporto veloci (inquinanti)
 i mitili erano un dono della natura per l’uomo.
 Con l’avanzare del progresso i mari hanno tutti subito un’alterazione del loro habitat. 
Quindi occorre sicurezza del luogo di raccolta e non basta l’acidificazione con il limone
 a fermare l’azione della carica batterica che si raccoglie all'interno di un mitile.

Muscoli alla Marinara

 La cautela impedisce oggi di mangiare i mitili crudi, ma sono in molti ad avere nel DNA
 il ricordo di quel dolce e salato impatto delle nostre papille con il morbido corpo carnoso 
che vive nella conchiglia nero-bluastra. I muscoli del nostro Golfo sono sicuri, ma vanno cotti: 
lo stabulatore di Santa Teresa garantisce una perfetta igienicità dei frutti coltivati nei vivai.
E il mestiere del mitilicoltore-muscolaio è stato poeticamente tradotto con contadino del mare.   


Vedi anche:








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Spaghetti con i Muscoli

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SPAGHETTI  CON  I  MUSCOLI
Per quattro persone
Ricetta della Tradizione, originaria di : La Spezia 
Ingredienti:
350gr di spaghetti
1kg di Muscoli o Mitili (possibilmente del Golfo di La Spezia)
½ bicchiere di vino bianco 
1 spicchio di aglio pulito
1ciuffo di prezzemolo
olio extravergine di oliva ligure
peperoncino (facoltativo) 
Utensili di preparazione e presentazione
un coltello
un tagliere
una mezzaluna
una casseruola profonda con coperchio
una terrina
un tegame di media grandezza
un cucchiaio di legno
quattro piatti piani
Procedimento per la preparazione
Con un coltello raschiare i mitili esternamente; 
lavarli bene, cambiando l’acqua più volte;
metterli in una casseruola profonda, coprire e farli aprire a fuoco dolce. 
Togliere una parte di muscoli dal guscio (conservandone circa una ventina)
 e conservarli nel liquido di cottura.


Nel tegame far soffriggere dolcemente  lo spicchio d’aglio tritato 
con quattro/cinque cucchiai di olio evo (eventualmente il peperoncino) 
e qualche cucchiaio d’acqua di cottura dei mitili. 
Scolare i muscoli dal loro liquido e tritarli con la mezzaluna, 
aggiungerli con ½ bicchiere di vino al soffritto. 
Cuocere gli spaghetti, scolarli ben al dente ed unirli ai muscoli;
 aggiungere anche quelli conservati con il guscio ed il prezzemolo tritato
 facendoli insaporire velocemente;
 trasferire nei piatti  e servire. 









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Tranci di pesce con scorzette di agrumi liguri

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TRANCI DI PESCE CON SCORZETTE
DI AGRUMI  LIGURI
Per quattro persone
Ricetta di Le Cinque Erbe:
Ingredienti:
4 fette di pesce freschissimo grosso da trancio
 (ricciola, leccia, tonno, spada) alte circa 2 cm.
un mazzetto misto di erbe
(rosmarino, timo, origano, maggiorana, nepitella)
sale grosso marino
1 limone non trattato di Monterosso e/o
½  Arancia Pernambucco del ponente ligure
olio extravergine di oliva 
pepe bianco q.b.
Utensili di preparazione e presentazione
un coltello
un tagliere
un piatto
il frullatore
una piastra liscia in ghisa
una spatola
il piatto da portata


Procedimento per la preparazione
Lavare e asciugare le fette di pesce. 
Nel frullatore tritare finemente le erbe con il sale grosso, in parti uguali; 
massaggiare i tranci con il sale aromatizzato e lasciar riposare in luogo fresco 
per circa trenta minuti. 
Lavare e asciugare il limone e/o l’arancia,
 togliere la buccia evitando la parte bianca e amara (eventualmente utilizzare un pelapatate), 
agliarla a striscoline molto sottili con il coltello. Scaldare la piastra fin quando non sarà rovente.
 Cuocere le fette di pesce 1 minuto per lato in modo che esternamente siano dorate 
ma internamente ancora rosa e tenere.  
Trasferire i tranci bollenti sul piatto da portata e distribuire la buccia di limone
 e/o di arancia su tutta la superficie. 
Condire con olio evo e pepe bianco macinato al momento.  











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Conoscete la Scherpada ???

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LA SCHERPADA
Per sei persone
Ricetta della Tradizione, originaria di : Ponzano (SP)
Ricetta Vegetariana
Ingredientiper la sfoglia :
750 gr. di farina 0
sale q.b.
Ingredienti per il ripieno:
1,5 kg totale di bietole e
erbe coltivate e/o spontanee dei campi per ripieno
500 gr. di zucca gialla
200 gr. di mollica di pane
3 piccoli porri  
100 gr. di pecorino grattugiato
100 gr. di formaggio vaccino stagionato grattugiato
1 bicchiere d’olio extravergine di oliva ligure
Utensili di preparazione e presentazione
la spianatoia
una pentola
un coltello
il tagliere
un tegame
un cucchiaio di legno
la mezzaluna
una terrina
il matterello
testi in terracotta diametro 20 cm.

La Scherpada di Ponzano (SP)

Procedimento per la preparazione
Sulla spianatoia preparare una sfoglia morbida e consistente,
 impastando acqua e farina con 2 cucchiaini di sale e metterla a riposare coperta al fresco.
  Lavare e bollire le bietole con la zucca tagliata a pezzi. 
Colare, far raffreddare, strizzarle e tritarle molto fini con la mezzaluna. 
Aggiungere nella terrina, alle verdure, la mollica di pane (bagnata e strizzata). 
In una padella soffriggere con l’olio evo,  i porri puliti e tagliati finemente, 
appena colorati aggiungerli alle verdure con la mollica, insieme ai formaggi grattugiati e sale q.b. Impastare il tutto con le mani fino ad ottenere un composto compatto. 
Stendere la sfoglia con il matterello e preparare dei dischi di sfoglia di 20 cm circa; 
aggiungere il ripieno (per ogni disco di sfoglia ce ne vogliono circa 3 etti), 
ricoprire e chiudere con un altro disco. 
Cuocere nei testi caldi per 20 minuti, 10 minuti per lato.
Si mangia preferibilmente calda, condita con olio evo locale e Parmigiano.


Note:
La rotonda torta Scherpada è protagonista di una sagra che dal 1975 si svolge ogni anno
 a Ponzano  Superiore, piccolo paese collinare del comune di Santo Stefano Magra (SP); 
 nonostante la sagra sia l'ultima settimana di agosto, è un piatto tipicamente invernale. 
Come la maggioranza dei prodotti della Lunigiana, è un prodotto di derivazione contadina, 
fatta con ingredienti molto semplici. Ha la forma di una torta o di un grosso raviolo. 
   Si favoleggia che fosse tra i sacrifici votivi a Giano Bifronte assieme ad un altro cibo
 degli antichi romani,  «il Granfarro».  
Sin dal 1400 le cronache riportano di questo immancabile cibo sui deschi 
delle capanne e dei castelli del territorio.
Le Scherpade si possono anche cuocere in piccole teglie nei forni di casa. 
Sono deliziose così al naturale oppure si possono gustare con olio e formaggio.

Ponzano Superiore (SP)






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Le buone ragioni di un piatto: le lumache della Serra

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Le buone ragioni di un piatto: 
le lumache della Serra 
di Gabriella Molli
Il piacere di degustare le lumache alla Serra di Lerici, 
apre un discorso ad ampio raggio su gradevolezza e disgusto. 
Che ci siano tanti cultori delle lumache è vero. 
Ma è altrettanto vero che il solo pensiero fa venire i brividi a molti altri. 
Una cosa è certa: la presenza gastronomica di questo piatto è ben radicata. 
Le lumache erano già molto apprezzate ai tempi di Roma. Ma prima? 
Se è vero che esiste un collegamento fra ciò che entra nella nostra bocca 
a livello di pensiero  magico, la “Chiocciola”è designata nel 
“Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze” (Giunti, 2007)
 come portatrice di fecondità ed evoca (invoca) la gestazione e la maternità: 
“Perché la conchiglia - si legge - rappresenta il contenente, 
il ricettacolo e dunque, per analogia, il sesso femminile”. 
La donna raccoglitrice dei tempi remoti, forse è stata la prima induttrice
 di una rarità gastronomica.

La Serra di Lerici (SP)

 Il suo compito principale era nutrire in modo sano. 
Quindi, questa magia della casa sulle spalle della chiocciola, 
questo ermafroditismo che permette la riproduzione senza chiedere niente, 
che altro può aver suggerito se non la cattura e le operazioni necessarie all'atto gastronomico? 
La donna raccoglitrice deve aver percepito per prima che la lumaca
 è un alimento assolutamente sano.
 E ha inventato un metodo per farla “spurgare”. 
Anche il sale l’ha aiutata in questo procedimento. 
E l’aggiunta delle erbe aromatiche, che appena sfiorava nelle sue peregrinazioni 
nelle vicinanze della capanna,  emanavano una scia di profumo.
 In seguito, negli anni post-colombiani arriva il pomodoro e il piatto diventa una delizia.
Alla Serra la ricetta delle famose lumache da gourmet 
che attira una mare di gourmand, è quasi segreta. Forse ogni chef ha la sua. 
Ma io penso che ogni donna della Serra abbia la sua… 
Personalmente, nel 2008, mentre stavo lavorando a un piccolo libro “da comodino",
 intitolato “Cornabugia e e Tremoeo” (il titolo è nato su suggerimento del mio amico-gourmand
 Giorgio Angelini), ho intervistato un personaggio mitico serrese: 
Angela Bertella. Sono riuscita a carpirle una ricetta per fare il sugo.
Ecco la ricetta “raccontata” e dedicata alla nipote Francesca Mazzoli che ne è innamorata:


Spaghetti al sugo di lumache di nonna Angela
 -Lavare le lumache con acqua e aceto, dopo averle cosparse di sale fino più volte.
-Porle in un grande tegame di terracotta, con olio extravergine abbondante, 
prezzemolo, due-tre spicchi d’aglio, cipolla, carota, 
origano, peperoncino, scuotendo spesso.
-Dopo tre quarti d’ora, aggiungere prima vino bianco da far evaporare, 
poi poco pomodoro passato.
-Serve anche brodo per mantenere umida la densa bagneta rosata, 
che servirà per condire gli spaghetti, a cottura ultimata (due ore).

La Serra di Lerici (SP) 

La apparente semplicità del piatto nasconde una grande abilità, 
quell'insieme di piccoli gesti che fanno diventare un piatto una rarità. 
Perché c’è la legge del “quanto basta” che appartiene a quella mano, a quella testa, a quel cuore. 
E ci sono quei gesti che fanno parte di un dizionario personale. 
Che non possono essere descritti, e ci fanno dire spesso con malinconia: 
come lo faceva mia nonna...









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San Zane e la Sagra da Lumaga dà 'a Sera

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LUMACHE IN TEGAME
Per sei/otto persone
Ricetta della Tradizione, originaria: 
della Serra di Lerici (SP)
Senza Glutine
Ingredienti:
5 kg circa di lumache già trattate e bollite
pochi minuti con odori e alloro
Per la “bagna”
pomodori scottati e pelati
aglio
qualche rametto di finocchietto selvatico
peperoncino
vino bianco ligure secco
olio extravergine di oliva ligure
sale q.b.
Utensili di preparazione e presentazione
un cucchiaio di legno
una pentola
la schiumarola
un coltello
un grosso tegame con coperchio

Lumaghe dà 'a Sera

Procedimento per la preparazione
Preparare nel tegame la “bagneta”, facendo stufare dolcemente l’aglio pulito e tritato, 
aggiungere i pomodori, il peperoncino e il finocchietto; 
con la schiumarola trasferire le lumache nella salsa e bagnare con il vino bianco. 


Coprire e cuocere lentamente per circa un’ora e mezza, 
mescolando ogni tanto, eventualmente aggiungendo un po' d'acqua.
 In altre ricette, veniva utilizzato il rosmarino al posto del finocchietto e aggiunta la cipolla.
Si servono accompagnate da fette di pane casereccio abbrustolito.



Note:
A fine agosto La Serra di Lerici omaggia 
con una sagra la lumaca, legandola a San Giovanni (San Zane),
forse perché si nutrì nel deserto di insetti.
 Piatto tipico e tradizionale della civiltà contadina,  nel tempo si è raffinato e riesce 
a determinare con acume l’aspetto nutritivo di tutto ciò che può essere trasformato in cibo.


 Dopo la raccolta (in seguito alle piogge estive 
o durante la notte grazie all'umidità della rugiada), 
le lumache venivano messe in un secchio
 con una manciata di crusca o della segatura a purificarsi.
 Il procedimento durava sette/otto giorni. 

Carrugi a La Serra per la Sagra da Lumaga
Poi venivano lavate e rilavate in acqua salata,
 (dalla Serra si scendeva sulla spiaggia di Fiascherino e si faceva con l’acqua di mare) 
tuffate nell’acqua bollente “en cardiòn” e successivamente “e lumaghe” passavano
 nella “bagna” di pomodoro, alloro e finocchietto per profumarle e renderle il piatto della festa. 
Le lumache più apprezzate erano quelle  raccolte nelle “Garane”, 
zona ricca di timo, che ne profumava la carne. 
Alla Sagra da Lumaga la ricetta attuale è segreta, ma molto simile a quella antica.








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Il mio Blog è "Carbon Neutral" ;)

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Il mio Blog è "Carbon Neutral" ;)

Tempo fa ho letto un Tweet di @Fraintesa  :“Il mio Blog è CO2 Neutral“
 Sono andata a informarmi sul sito > DoveConviene
L’iniziativa  è semplice da spiegare: consiste nel ridurre le emissioni di anidride carbonica
 prodotte da un blog, piantando un albero.
Quanta CO2 produce il mio blog? 
Secondo il Dr. Alexander Wissner-Gross, 
(attivista ambientale e fisico di Harvard), un sito web produce una media 
di circa 0,02 g di CO2 per ogni visita. 
Assumendo 15.000 pagine visite al mese, questo si traduce in 3,6 kg di CO2 l'anno. 
Questa produzione è legata soprattutto al funzionamento dei server.
Quanta CO2 viene assorbita da un albero?
 Dipende da diversi fattori, ma la Convenzione delle Nazioni Unite 
sui cambiamenti climatici (UNFCCC) calcola che un albero assorba ogni anno
 in media circa 10kg di CO2....noi consideriamo prudentemente 5kg l'anno per ogni albero ;)
quindi piantandone uno, il mio blog potrebbe essere a impatto zero.
Ad oggi sono stati piantati 2036 ALBERI!!!


Un albero neutralizza le emissioni di CO2 del mio blog, per 50 anni! 
Come mostra il conto sopra indicato, il blog produce almeno 3,6kg di CO2 l'anno, 
un albero ne elimina 5 e vive in media 50 anni!
 Aiutando a piantarne uno, insomma, si può continuare a scrivere 
per il prossimo mezzo secolo!
Dove piantano gli alberi e come?
DoveConviene pianta con il mio blog gli alberi in partnership 
con "I Plant a Tree" iniziativa ecologica tedesca
che ha già realizzato opere di riforestazione in diverse aree.
Al momento, il progetto di riforestazione attivo al quale partecipano 
è dislocato a Göritz e gli alberi che stanno piantando sono querce.
A Göritz, presso Coswig (regione di Saxony-Anhalt), 
è in corso un progetto abbastanza importante, 
con la piantagione di 27,000 alberi su 3,4 ettari.
L'area è un terreno soggetto a forestazione per la prima volta
e si trova sulla strada B107 sulla destra,
appena prima di arrivare appunto al piccolo villaggio di Göritz.


Per maggiori dettagli sul progetto, 
la scelta delle piante e l'ecosistema in cui si inserisce, visita


Solo la conoscenza ci potrà salvare

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Il 10° Festival della Mente a Sarzana (SP)

Al  10° Festival della Mente, partecipo all'incontro con Massimo Montanari 
 -  ApprofonditaMente  -  “Parlare di cibo al tempo della crisi “con molta curiosità, sia  perché è ritenuto a livello internazionale uno dei maggiori specialisti di storia dell'alimentazione ma anche perché insegna  all'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo [la prima università al mondo nel suo genere, nata per volere di Carlo Petrini, il fondatore di Slow Food].
Perché parlare così tanto di cibo in questo momento di crisi? Perché se ne è sempre parlato molto, sostiene Montanari,  che si definisce uno storico vorace e un cuoco di sopravvivenza.
Fin dall'antichità  nei trattati di botanica, di scienze naturali, nei contratti agrari, nella vita dei signori e dei contadini, nel commercio, nella medicina e nella dietetica  e ovviamente nei libri di cucina [i più antichi ci provengono dalla Mesopotamia e furono scritti su cocci con caratteri cuneiformi] , di cibo si è scritto e trattato, è sempre stato l’elemento facile,  per parlare di argomenti difficili.

Solo da qualche decennio  l’argomento è salito al vertice delle attenzioni e la novità è l’esistenza dei media che  hanno amplificato il tema del cibo. Parlarne sembra più importante che mangiare. Programmi televisivi, film,  milioni di foto sui social come Twitter, Facebook, Pinterest, Instagram, al punto da essere definiti  “paparazzi del piatto” dal francese  Le Monde,  coloro che compulsivamente postano foto di piatti a tutte le ore del giorno e della notte.  Ovviamente dietro a tutto ciò c’è anche la presenza dell’industria alimentare, della grande ristorazione e del turismo gastronomico, che amplificano ed enfatizzano i riti sociali, legati al consumo del cibo e delle bevande [basta pensare al rito del caffè, che di fatto è una bevanda eccitante, ma che colleghiamo immediatamente al momento di pausa e relax] .  Non è più economia domestica, convivio,  momento di riunione familiare,  ma uno show gratuito in TV, dove tutti  diventano curiosi voyeurs  e vogliono scoprire quel che fa un grande chef, senza recarsi nel suo costoso ristorante.  Non  dobbiamo dimenticare che il cibo è un elemento molto importante della cultura di un popolo, di una società, dell’umanità: coltivare, produrre, trasformare, nutrire. Intorno al cibo ruotano temi importantissimi  legati al nostro benessere e a quello del nostro pianeta:  la salute, l’ambiente, il rispetto, la  cultura, lo spreco,  l’ecologia, l’economia, la sostenibilità, ultimamente l’utopia del km0 …



E’ un piacere,  come il sesso, legato al mantenimento della specie, l’atto finale di un percorso fatto di idee, pensieri, creazione, non una fuga dalla realtà e la ricetta dev'essere vista come un dono, un racconto o uno spartito musicale [Gualtiero Marchesi], un procedimento che deve essere seguito per fare una magia;  i  testi di cucina sono importanti per recuperare usanze e pratiche del tempo passato e  per arricchire la nostra conoscenza. In cinese la parola crisi [wēijī ] è composta di due caratteri: uno rappresenta il pericolo e l'altro rappresenta l'opportunità. Ecco,  la nostra opportunità  in questo momento di crisi, è sfruttare l’informazione, il web  e i media per recuperare la conoscenza del cibo, intesa come competenza e  strumento di scelta e differenza. Conoscenza, dell’utilizzo dei prodotti,  dei saperi, delle tradizioni, del piacere che nasce dal bisogno, ma la cosa più importante,  la conoscenza per evitare di acquistare cibo non idoneo alle nostre tavole e alla nostra salute.

Massimo Montanari
Massimo Montanari nato a Imola  nel 1949, insegna Storia medievale e Storia dell’alimentazione all'Università di Bologna, dove dirige il master europeo in Storia e cultura dell’alimentazione. Ha dedicato le proprie attenzioni di studioso soprattutto a due filoni di ricerca, tra loro strettamente integrati: la storia agraria e la storia dell'alimentazione, intese come vie d'accesso preferenziali per una ricostruzione della società medievale nel suo insieme: strutture economiche e sociali (rapporti di lavoro, di potere, di proprietà), aspetti concreti e materiali della vita quotidiana, valori culturali e mentalità. Fra i suoi lavori più importanti:
L’alimentazione contadina nell'alto Medioevo (Liguori Editore, 1979); Atlante dell'alimentazione e della gastronomia (curato con F. Sabban, UTET, 2004). Per Editori Laterza ha pubblicato: Alimentazione e cultura nel Medioevo (1988), Convivio (3 voll., 1989-1992), La fame e l'abbondanza (1993), Il pentolino magico (1995), Storia dell’alimentazione (con J.-L. Flandrin, 1997), La cucina italiana (con A. Capatti, 1999), Il cibo come cultura (2004), Il formaggio con le pere La storia in un proverbio (2008), Il riposo della polpetta e altre storie intorno al cibo (2009), L’identità italiana in cucina (2010), Gusti del Medioevo (2012). È anche autore di un manuale di storia per gli istituti secondari superiori: Vivere nella storia (3 voll., Editori Laterza, 2012).







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I dolci Canestrelli

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I CANESTRELLI

Per sei persone
Ricetta della Tradizione, originaria di : Torriglia (GE)
Ricetta Vegetariana
Ingredienti:
300g di Farina tipo '0'
1 rosso d’uovo freschissimo
250g burro
100g zucchero
rum q.b.
la scorza di un limone non trattato
zucchero a velo q.b.
Utensili di preparazione e presentazione
la spianatoia
il matterello
uno stampino a forma di fiore a sei punte
la pellicola per alimenti
teglia larga e bassa
carta forno
Procedimento per la preparazione
Sulla spianatoia disporre  la farina  in modo da formare una montagnetta. 
Fare un buco al centro ed unire il rosso d'uovo, il burro ammorbidito, 
 lo zucchero, e la scorza di limone grattugiata. 
Lavorare, unendo poco alla volta il rum, fino ad ottenere un impasto morbido e compatto.
 Formare una palla, coprire con la pellicola e far riposare in frigo per 30 minuti. 
 Stendere sul tavolo la pasta frolla ad un altezza di 1 cm. 
Tagliare con il tradizionale stampo a sei punte. 
Disporre i canestrelli distanziati, sulla teglia o la placca del forno, foderata con la carta forno.
 Infornare a 160°C per 20'. I canestrelli non devono diventare troppo scuri. 
Prima di consumarli, spolverare generosamente di zucchero a velo.


Note:
I canestrelli, i cui natali sono rivendicati da numerosi paesi dell'entroterra di Genova
 e del basso Piemonte, sono un classico dolcetto, a forma di margheritina con foro centrale, 
ottimo a colazione o a merenda con il tè oppure accompagnato al vino dolce. 
Queste ciambelline di pasta frolla morbide e friabili si riconoscono
 per la smerlatura del bordo e per l'abbondanza di burro.

L'etimologia del nome di questi biscotti é incerta. Alcuni lo fanno derivare dal termine "Canestro" i.e. il cesto di paglia o vimini, nel quale venivano posti a raffreddare per poi essere offerti in occasione di feste civili o religiose. Altri ritengono che il nome sia da mettere in relazione con il disegno dello stampo a pinza in cui venivano cotti: in lingua piemontese canesterlè i.e. ingraticolare con canne. Golosità popolari dalle origini antichissime, preparate sembra sin dal Medioevo dalle gilde dei produttori di ostie, erano vendute nei mercati o sui sagrati delle chiese, e c’era chi per promuoverne l’acquisto le metteva in premio al gioco dei dadi. Una traccia documentale certa del canestrello risale al 1576, quando un mulattiere venne accoltellato e derubato della merce, "un cavagno di damasche e canestrelli", che trasportava sulla via pubblica della Trebbia.  Con questa premessa si può certo considerare molto antica la presenza di questo dolce nel nostri monti. Si rileva traccia di rotelle o "ruette" come nei paesi fliscani si definiscono i canestrelli persino nella monetazione della Repubblica Genovese del XIII° secolo quale simbolo di abbondanza”.


-  Dal sito Alta Val Trebbia  : 
L'antica ricetta del canestrelletti di Torriglia é questa: 
Farina.....libbre, zucchero.....oncie,burro.....oncie, 4 rossi di uova, liquore e limone gratuggiato.
Sappiamo che le once e le libbre sono misure in uso nella Repubblica di Genova sino ai primi dell'ottocento quando l'adesione al sistema metrico le sostituisce con quelle attuali.
Sappiamo ancora che a fine Settecento gli iscritti alla Confraternita di S. Vincenzo di Torriglia pagavano ogni anno “una mutta” (sorta di moneta piemontese) e ricevevano, documento del 1576, un canestrello.
I primi tentativi di commercializzazione del prodotto risalgono al 1820 quando la Signora Maria Avanzino detta Pollicina sposava Giuseppe Dondero, proprietario del primo Bar Caffè di Torriglia aperto in Via Roma, dotato di pianoforte e frequentato dai notabili e dalle autorità del paese e da questi battezzato "Aragno", bar allora illustre a Roma e iniziava la vendita fra gli avventori.
Attualmente l'attività di produzione del Canestrello di Torriglia protetto da Marchio registrato è svolta da otto produttori ( Un laboratorio, due pasticcerie, due forni pasticceria e tre rivendite di commestibili)








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